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L’Agricoltura è pronta alla sfida delle riforme
Scritto il 28-03-2021 da Cia Piemonte | Categoria: Cia
Intervista a tutto campo al presidente regionale di Cia Agricoltori italiani del Piemonte, Gabriele Carenini. Dai vaccini al recupero del divario digitale, cosa serve al settore primario per uscire dalla crisi.
Dall’emergenza sanitaria alla fauna selvatica, dai vaccini contro il Covid-19 al divario digitale… Il presidente regionale di Cia Agricoltori italiani del Piemonte, Gabriele Carenini, parla a tutto campo della situazione del comparto agricolo, con un occhio di riguardo alle necessità per uscire dalla crisi e alle prospettive per il futuro.
Presidente Carenini, l’emergenza sanitaria compie due primavere, cosa vuol dire per l’agricoltura?
«La situazione legata al Covid-19 ha fatto emergere una volta per tutte l’importanza del settore agricolo per l’economia e la crescita di tutto il Paese. Appare evidente che l’agricoltura debba essere al centro del piano di rilancio economico nazionale, anche alla luce di tutti gli sforzi sostenuti nell’ultimo per garantire gli approvvigionamenti, nonostante le perdite e le difficoltà. L’agricoltura non si è mai fermata, ha sempre lavorato sodo, anche più del solito e questo le va riconosciuto».
Per il momento, però, il Paese rimane in “zona rossa”.
«Per il secondo anno di seguito, passeremo una Pasqua blindata. I nostri agriturismi saranno chiusi, tutto il canale della somministrazione diretta di cibo e bevande lo sarà. E questo non potrà che produrre effetti ancora più negativi sia nel presente che nel prossimo futuro. Per sopravvivere, alle attività va concessa l’opportunità di lavorare. Se si impone il blocco delle attività, si deve mettere in piedi un sistema di ristori e incentivi che possa davvero alleggerire il carico delle spese fisse, oppure compensare le perdite dovute ai mancati incassi. Pensiamo al rimborso dei costi vivi sostenuti, ad una sospensione dei mutui e delle tasse che vada oltre il periodo contingente e prosegua fin quando non ci sarà l’effettiva opportunità di lavorare e produrre reddito».
Una ricetta uguale per tutti?
«Non sempre. Ad esempio, nel caso delle chiusure abbiamo sempre sostenuto, e continuiamo a farlo, che non possano essere generalizzate, ma debbano essere modulate in considerazione del diverso grado di rischio. Le vie dello shopping e del divertimento dei grandi centri urbani e gli esercizi che si trovano nei piccoli paesi o nelle aree rurali non possono in alcun modo essere messi sullo stesso piano. Ciò che risulta rischioso in città, non lo è in aperta campagna, dove spazi e organizzazione delle strutture consentono di servire pasti e accogliere clienti in sicurezza».
Molte aziende agricole fanno parte del circuito Horeca, in assoluto tra i più danneggiati dalla crisi di questi mesi.
«La sorte di queste imprese ci preoccupa moltissimo e stiamo facendo tutto il possibile perché si trovino delle soluzioni adeguate alla gravità della situazione. Pensiamo ai birrifici artigianali che non utilizzano i canali della grande distribuzione, ai produttori di latte che con i bar chiusi hanno visto crollare gli ordini, ai produttori di vino, a tutte quelle aziende agricole, tantissime, che lavorano a stretto contatto con chi somministra alimenti e bevande. Un intero comparto agro-alimentare in ginocchio per la contrazione delle forniture di cibo fresco e bevande “fuori casa”».
C’è bisogno di ripartire, in fretta.
«Dicendo che abbiamo bisogno di riaprire e lavorare, non vogliamo in alcun modo mettere in secondo piano l’importanza e la necessità di tutelare la salute in un momento del genere. Abbiamo molto rispetto per chi ha sofferto a causa del Covid-19 e confidiamo nei vaccini per lasciarci finalmente alle spalle questo lungo periodo di sacrifici e dolore. Ci auguriamo che il piano vaccini possa arrivare prestissimo ad essere davvero capillare, solo così potremo uscire da questo tunnel».
Le piaghe sanitarie si sono aggiunte a quelle croniche della fauna selvatica. Com’è la situazione?
«Le presenze di esemplari di fauna selvatica che scorrazzano nei campi coltivati si sono moltiplicate in modo esponenziale, soprattutto a causa dello stop alle attività di controllo e gestione nei mesi del lockdown. Da allora, non è stato assunto alcun provvedimento di urgenza che abbia potuto cercare di limitare il proliferare di questi animali. Caprioli e cinghiali continuano a devastare i campi, a distruggere i raccolti, a provocare incidenti e a crescere di numero».
Lavorare e vivere nelle aree rurali sta diventando difficile, soprattutto sul fronte dell’evoluzione tecnologica.
«Oggi tutti stiamo vivendo un momento poco favorevole, ma chi vive nelle aree rurali è ancora più penalizzato degli altri. Si pensi, ad esempio, alla mancanza di strumenti ormai essenziali, come la banda larga. Il mondo intero viaggia sulla rete. Dalla didattica a distanza alle prenotazioni, dagli acquisti ai pagamenti, siamo in grado di fare quasi tutto con un collegamento ad internet. Ma se questo manca, si viene per forza di cose tagliati fuori. Colmare il divario digitale che esiste tra le città e la campagna è fondamentale».
Come vede il futuro dell’agricoltura?
«Sicuramente più tecnologico e ancora più dinamico di quanto non sia già. Ci aspettiamo una riforma del Paese dal punto di vista digitale ed economico, che dia maggior forza anche al nostro settore».