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La ministra Bellanova: la coltivazione degli ogm è vietata in Italia e tale rimarrà
Scritto il 02-10-2019 da Ufficio stampa | Categoria: Ogm
La Ministra Bellanova ha dichiarato che la coltivazione degli ogm è vietata in Italia e tale rimarrà. Conferma una decisione presa dall’Italia un quarto di secolo fa. Ma gli ogm non sono il solo biotech possibile e neppure il più “moderno”. Esistono altre forme di innovazione genetica che non fanno ricorso al transgenico e che possono aiutare ad esaltare la sostenibilità e la distintività del nostro modello agroalimentare.
Risposte importanti per un’innovazione a misura dell’agricoltura Made in Italy possono arrivare dalle New Breeding Techniques (Nbt). Mentre il Dna degli ogm viene i modificato attraverso l’inserimento di geni derivati da un organismo di specie diversa, le Nbt sono un insieme di tecniche (cisgenesi, genome editing, ecc.) che consentono di modificare il genoma di una specie vivente senza inserire geni estranei. I prodotti ottenuti con le Nbt sono del tutto simili ai prodotti ottenuti per incrocio tradizionale.
Gli stessi risultati che si ottengono con le Nbt possono essere ottenuti in natura, ma attraverso innumerevoli e costosissimi incroci. Con le Nbt si accelera il processo, si riducono i costi e si salvaguarda la biodiversità, senza rischi di alcuna natura per il consumatore.
Ci sono Paesi come gli Stati Uniti, la Cina, l’India e il Brasile che sono molto avanti nell’impiego delle Nbt e stanno investendo miliardi di dollari sulle nuove tecniche di miglioramento varietale. Gli Stati Uniti hanno già dichiarato che le piante ottenute attraverso le Nbt non sono da considerare ogm. L’Italia rischia di rimanere fuori mercato se unitamente all’Europa mette al bando queste tecnologie. La maggior parte delle aziende che producono sementi o propagano varietà vegetali, in particolare, non riuscirà a competere con le controparti straniere.
Le nuove tecniche di miglioramento varietale non ogm sono la chiave per garantire un futuro alle piccole e grandi aziende agricole italiane ed europee, ma anche per poter rispondere alla domanda crescente di cibo nel mondo, per reagire ai cambiamenti climatici, alle sfide agricole e alimentari. E non ultimo, per non dipendere più dalle grandi multinazionali, rafforzando la collaborazione tra Università e piccoli centri di ricerca. In Italia possiamo contare su vere e proprie eccellenze in questo campo.