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370mila gli stranieri nei campi, più di un terzo del totale degli addetti. In Piemonte la seconda comunità Sick più grande d’Italia
Scritto il 29-10-2019 da Ufficio stampa | Categoria: agroalimentare
L’agricoltura italiana continua a creare nuovi posti di lavoro anche per gli immigrati. Con 25 mila lavoratori stranieri in più quest’anno, si arriva a sfiorare quota 370 mila, vale a dire un terzo dei 900 mila addetti totali. Lo fa sapere Cia-Agricoltori Italiani, in merito al Dossier statistico immigrazione 2019 presentato dal Centro Studi e Ricerche Idos.
La comunità di lavoratori agricoli stranieri più presente in Italia è quella rumena con 107.591 occupati, davanti a marocchini con 35.013 e indiani con 34.043, e poi via via albanese, senegalesi, turchi, polacchi, tunisini, bulgari, macedoni e pachistani.
Il comparto agricolo è ormai multietnico. Non solo gli stranieri danno una grossa mano nelle raccolte in pieno campo, ma anche alla produzione di molti prodotti a denominazione. La produzione del Parmigiano Reggiano, ad esempio, dipende in gran parte da immigrati indiani di religione Sikh, molti dei quali ormai hanno cittadinanza italiana, che rappresentano il 60% dei lavoratori impiegati negli allevamenti di vacche da latte in Emilia Romagna.
Si occupano di allevamento dei bovini anche i Sikh del Piemonte, dove si trova la seconda comunità più grande d’Italia. Cuneo è al quinto posto tra le province italiane con oltre 13.000 stranieri regolari occupati in agricoltura.
Ora bisogna implementare regole semplici e chiare –sostiene la Cia – favorevoli alla presenza e alla stabilizzazione degli immigrati. Questo approccio deve presupporre l’abbandono della politica dell’emergenza e l’avvio, invece, di una seria politica sull’immigrazione con una duplice priorità: lavoro e integrazione.
Cuneo è al quinto posto tra le province italiane con oltre 13.000 stranieri regolari occupati in agricoltura.
Ora bisogna implementare regole semplici e chiare –sostiene la Cia – favorevoli alla presenza e alla stabilizzazione degli immigrati. Questo approccio deve presupporre l’abbandono della politica dell’emergenza e l’avvio, invece, di una seria politica sull’immigrazione con una duplice priorità: lavoro e integrazione.