In Evidenza
Emergenza Coronavirus
Lavora con agricoltori italiani
Dal campo alla tavola
Portale sconti di Cia
Le Associazioni
AGIA
Associazione Giovani Imprenditori Agricoli
ANP Cia
Associazione Nazionale Pensionati
Donne in Campo
La spesa in campagna
Turismo verde
ASES
Progetto Highlander
Informativa
Cookie e Privacy
Vini vegani, biodinamici, naturali, sostenibili: tutte scelte rispettabili, che non mancano di sollevare dei dubbi
Scritto il 24-05-2019 da Ufficio stampa | Categoria: Senza categoria
Fino a pochi anni fa le uniche certificazioni in ambito vitivinicolo che si potevano trovare erano Igp, Doc e Docg. Assicuravano, ed assicurano ancora, l’aderenza di un vino a determinati disciplinari di produzione approvati dal Mipaaft e dalla Ue.
Oggi sigle e marchi si sono moltiplicati: ci sono i vini biologici, vegani, biodinamici, naturali, sostenibili e chi più ne ha più ne metta. Ma mentre i vini biologici sono regolati da una normativa comunitaria (il regolamento Ue 203/2012) che prevede una serie di restrizioni nella coltivazione delle viti e nell’utilizzo di determinate pratiche enologiche e sostanze coadiuvanti durante la fase di vinificazione ed obbliga i produttori a sottoporsi ai controlli da parte di Organismi riconosciuti dal Ministero, i vini vegani, biodinamici, naturali, sostenibili ecc.ecc. non sono regolati a livello comunitario e sono certificati da enti privati che sono spesso in concorrenza fra di loro o addirittura sono autocertificati dalle stesse aziende.
Ciò non manca di sollevare dei dubbi su questi vini. Non solo perché non ci sono soggetti pubblici che si pongono a loro garanzia, ma anche perché soltanto l’Unione europea ha competenza sulle etichette del vino e può stabilire quali indicazioni e designazioni vi possono essere riportate. Di conseguenza un vino dovrebbe poter essere messo in commercio con la dizione vegano, biodinamico, naturale, sostenibile solo se e quando la Unione Europea ne definirà in modo preciso i limiti e le caratteristiche e lo collegherà a sistemi di certificazione, così come è avvenuto per il vino “biologico”.
Il proliferare di certificazioni risponde all’esigenza di andare incontro ad una platea di consumatori sempre più frammentata, che ricerca in un marchio un prodotto in cui si riconosce, che risponde al proprio modo di vivere e consumare. Il rischio tuttavia, è che questa tendenza ingeneri confusione nel consumatore e ponga sullo stesso piano certificazioni pubbliche e private, rilasciate dopo controlli rigorosi o dopo la compilazione di un modulo.