In Evidenza
Emergenza Coronavirus
Lavora con agricoltori italiani
Dal campo alla tavola
Portale sconti di Cia
Le Associazioni
AGIA
Associazione Giovani Imprenditori Agricoli
ANP Cia
Associazione Nazionale Pensionati
Donne in Campo
La spesa in campagna
Turismo verde
ASES
Progetto Highlander
Informativa
Cookie e Privacy
Aprire nuovi mercati di sbocco per la frutta italiana, lo chiedono i produttori
Scritto il 06-05-2019 da Ufficio stampa | Categoria: agroalimentare
Inedito incontro nella sede della Fondazione Agrion di Manta (Cuneo) di produttori, commercianti, cooperative, Legacoop e rappresentanze sindacali agricole al gran completo (per la Cia Agricoltori italiani di Cuneo era presente il Presidente Claudio Conterno) per discutere dello stato della nostra agricoltura ed in particolare della crisi delle frutticoltura nazionale, confermata in modo evidente dal calo dei prezzi di molti prodotti e dal crollo dell’export (meno 11,2% nel 2018 rispetto al 2017, pari a quasi 447mila tonnellate di prodotto commercializzato in meno).
Tra le richieste dei partecipanti all’incontro l’apertura urgente di nuovi mercati di sbocco per la frutta italiana, come già sono riusciti a fare alcuni Paesi concorrenti (Francia, Spagna, Portogallo in testa), visti anche i problemi creati dall’embargo da parte della Russia. Sulla necessità di aprire nuovi nuovi mercati é intervenuto anche Domenico Sacchetto, frutticoltore di Lagnasco e presidente di Assortofrutta Piemonte, che ha dichiarato ad un quotidiano online della Provincia di Cuneo: “Continueremo a chiedere al Governo di firmare degli accordi bilaterali con i Paesi extraeuropei dove ci sarebbe parecchio spazio per la nostra produzione. Però, stiamo anche perdendo la speranza che si possano realizzare”.
Per quanto riguarda i rapporti con la Cina Sacchetto racconta: “Sono stato a Roma insieme ad altri rappresentanti del settore, ma alla nostra domanda precisa, al Ministero delle Politiche Agricole, sul come procedesse la situazione ci è stato risposto che si erano riallacciati i rapporti. Però, null’altro di concreto: almeno nel breve periodo. Noi, invece, speravamo proprio che fosse la volta buona per partire subito con l’export”.
Mentre altri Paesi firmano accordi bilaterali che funzionano (la Polonia e la Francia, ad esempio, esportano frutta, in virtù degli accordi sottoscritti, in Cina, in Vietnam, in Giordania), in Italia ci sono organizzazioni e movimenti che protestano contro i trattati di libero scambio sottoscritti dalla Ue con il Canada ed il Giappone – in cui gli aspetti positivi superano largamente gli aspetti negativi – invitando il Parlamento a non ratificarli. Ignorando, o facendo finta di ignorare, che gli accordi sono sempre dei compromessi che devono soddisfare entrambe le parti e non possono mai soddisfare completamente una sola parte.
L’alternativa agli accordi commerciali bilaterali o multilaterali sono le guerre commerciali, i cui effetti negativi si ripercuotono soprattutto sui Paesi la cui economia si regge sull’export, come l’Italia. Gli Stati Uniti hanno recentemente reso nota una lista di prodotti da sottoporre a dazi aggiuntivi, per compensare il danno subito a causa dei sussidi erogati nella Ue al gruppo Airbus. Nella lista sono inclusi vini e spumanti, formaggio, olio d’oliva: vale a dire i prodotti di punta delle nostre esportazioni agroalimentari. Se tali dazi venissero effettivamente applicati il danno per l’export agroalimentare italiano ammonterebbe a circa 2,2 miliardi di euro. Quelli che facevano propaganda contro il TTIP ((il trattato transatlantico sul commercio e sugli investimenti con gli Usa) ora chiedono al nostro governo e alla Commissione l’avvio in tempi rapidi di una trattativa con gli Usa per evitare una guerra commerciale che avrebbe conseguenze devastanti per il settore agroalimentare italiano.