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Pensione di cittadinanza, gli agricoltori discriminati
Scritto il 06-02-2019 da Ufficio stampa | Categoria: Pensionati
Il fatto che la pensione di cittadinanza garantisca a persone che non hanno versato un solo euro di contributi, assegni di importo superiore a quelli destinati agli agricoltori che hanno lavorato una vita, versando i regolari contributi, è un vero paradosso. A ciò si aggiunge l’impossibilità per gli agricoltori di accedere all’Ape social perché l’agricoltura non é riconosciuta tra i lavori gravosi ed usuranti.
Un assegno pensionistico dignitoso non é solo importante per consentire agli agricoltori di vivere una vecchiaia dignitosa, ma è anche un tassello fondamentale per favorire il ricambio generazionale. Oggi la media degli assegni pensionistici per gli agricoltori italiani è troppo bassa (la maggioranza degli agricoltori percepisce appena il trattamento minimo di 513 euro al mese). Ciò spinge molti agricoltori anziani, anche molto anziani, a continuare l’attività, frenando di fatto il ricambio generazionale nei campi.
La presenza giovanile in agricoltura è un elemento che assicura competitività al settore e vitalità ai territori rurali. L’età mediamente avanzata dei conduttori agricoli comporta una minore propensione all’innovazione di prodotto, di processo e di mercato e più in generale frena l’ammodernamento aziendale.
Se la questione di una pensione dignitosa per gli agricoltori anziani non verrà risolta, insieme ovviamente a tutti gli altri handicap che pesano sul settore primario nel suo complesso, dalla scarsa redditività di alcuni comparti, all’eccesso di burocrazia, ecc.ecc e che riducono l’attrattività dell’attività agricola, l’Italia rischia di rimanere il fanalino di coda in Europa per quanto riguarda l’ingresso dei giovani nel settore agricolo.
La Cia propone di istituire una pensione base per tutti a cui aggiungere la quota ottenuta con il calcolo dei contributi versati.
Gabriele Carenini – Presidente Cia Piemonte