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L’Italia dipende sempre più dall’estero per soia e mais

Scritto il 21-01-2019 da Ufficio stampa | Categoria: Coltivazione erbacee

Nei primi dieci mesi del 2018 l’Italia ha importato 4 milioni e 217 mila tonnellate di farine proteiche e semi oleosi, per un valore di quasi 1,5 miliardi di euro. 155 mila tonnellate in più rispetto allo stesso periodo del 2017.  In aumento, nei primi dieci mesi del 2018, anche le importazioni di mais: più 182.000 tonnellate (fonte Anacer).

Questi dati dicono in maniera chiara che la nostra zootecnia corre il rischio, se non si interviene, di rimanere legata mani e piedi, in futuro, all’importazione dall’estero di due prodotti essenziali -soia e mais- per la sua sopravvivenza.

La carenza di soia è un problema che riguarda non solo l’Italia, ma tutto il vecchio continente. L’Europa é il secondo importatore mondiale di soia dopo la Cina: importa il 95% del proprio fabbisogno pari a circa 32 milioni di tonnellate annue. La Cia sollecita da tempo l’avvio di un serio piano europeo per lo sviluppo delle colture proteiche. Non solo soia, ma anche piselli, fave, favini e erba medica con l’obiettivo di migliorarne l’approvvigionamento interno.

La carenza di mais è invece un problema molto italiano. Nel 1999, la coltivazione del mais in Italia interessava oltre 1 milione di ettari e garantiva una produzione di circa 10 milioni di tonnellate, coprendo quasi il 90% del fabbisogno nazionale. Nel 2018 l’Italia ha prodotto 6,2 milioni di tonnellate di mais toccando il punto più basso di una lungo trend che dura da 20 anni. La dipendenza dall’estero è aumentata esponenzialmente, passando dall’11% all’inizio del nuovo millennio al 47% nel 2017.

Le cause di questa debacle? Le condizioni climatiche sempre meno favorevoli, la riduzione degli aiuti Pac a causa dell’introduzione del disaccoppiamento, il calo delle quotazioni e la impossibilità per il nostro Paese di poter ricorrere alle biotecnologie innovative.

La progressiva riduzione della produzione nazionale di mais e l’aumento della dipendenza dall’estero rischiano di mettere in difficoltà il nostro sistema agroalimentare: il mais è infatti una materia prima strategica per la nostra zootecnia e per le produzioni alimentari che ne derivano, ivi comprese tutte quelle di eccellenza che caratterizzano il made in Italy alimentare.

 

 

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