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I diritti dei cinghiali non possono essere considerati più importanti del diritto degli agricoltori a raccogliere quello che hanno seminato e della sicurezza dei cittadini
Scritto il 19-12-2018 da Ufficio stampa | Categoria: fauna selvatica
Il Consiglio di Stato, nell’udienza del 13 dicembre scorso, ha rigettato il ricorso della Città Metropolitana di Torino tendente a fare annullare l’Ordinanza di sospensiva delle attività di controllo del cinghiale decretata dal Tar Piemonte il 4 ottobre 2018 a seguito del ricorso di alcune associazioni “animaliste”.
La Città Metropolitana nel ricorso aveva sostenuto l’origine alloctona del cinghiale, ritenendo così di poter applicare la legge regionale 9/2000. Ma il Consiglio di Stato le ha dato torto.
“Una grande vittoria animalista contro la politica di abbattimento degli animali” scrivono le associazioni “animaliste” (Enpa, Lac, Lav, Legambiente L’Aquilone, Lida, Oipa, Pro Natura e Sos Gaia) in un comunicato congiunto.
Le sentenze vanno lette prima di essere commentate e, non avendo avuto ancora occasione di farlo, sarebbe avventato da parte nostra esprimere un parere. Tuttavia, senza entrare nel merito della sentenza, ribadiamo con forza un concetto: i diritti dei cinghiali non possono essere considerati più importanti del diritto degli agricoltori a raccogliere quello che hanno seminato e della sicurezza degli stessi cittadini.
La dimensione dei danni causati dai cinghiali e dai caprioli all’agricoltura ha ormai raggiunte punte da vera emergenza economica. La proliferazione incontrollata degli ungulati é anche causa di gravi incidenti stradali, con diversi feriti e purtroppo anche alcune vittime.
Nessuno vuole l’estinzione di alcuna specie di fauna selvatica, ma quando una di queste diventa pericolosa ed in palese sovrannumero è essenziale porvi rimedio. Il controllo della fauna selvatica è una misura necessaria per ricomporre gli squilibri ecologici.