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Salvare la biodiversità e sconfiggere la fame nel mondo
Scritto il 06-09-2018 da Ufficio stampa | Categoria: agroalimentare
Dal Salone del Gusto-Terra Madre, nella nuova formula open air, arriva una spinta ulteriore al nostro settore agroalimentare affinché continui il cammino nel segno della qualità e della biodiversità. La riduzione della varietà delle forme viventi e degli ambienti e la semplificazione dei paesaggi, ossia la perdita di biodiversità è oggi uno dei problemi di maggiore importanza su scala mondiale.
Negli ultimi decenni l’agricoltura, particolarmente quella dei Paesi avanzati, è stata spesso messa sotto accusa per aver contribuito alla perdita di biodiversità, a causa della specializzazione colturale adottata dalla maggior parte delle aziende agricole e della diffusione delle colture intensive.
Agli agricoltori si chiede di preservare ed utilizzare varietà e specie vegetali ed animali tradizionali, ancorché poco produttive, ma nel contempo si esige che forniscano prodotti sicuri, in quantità sufficienti ed a prezzi accessibili per la massa dei consumatori. Sono due esigenze non semplici da conciliare.
La Fao ha ripetutamente sottolineato, nei vari rapporti sullo “Stato dell’Insicurezza Alimentare nel Mondo” presentati in questi ultimi anni, la necessità di incrementare la produzione agricola almeno del 70%, alla luce del fatto che da qui al 2050 è prevista una richiesta doppia di cibo da parte della popolazione mondiale, che raggiungerà i 9 miliardi. Poiché è molto probabile che la superficie a destinazione agricola del Pianeta diminuirà o, nel migliore dei casi, rimarrà stabile, è evidente che per aumentare la produzione sarà necessario incrementare esponenzialmente i livelli di produttività e ciò sarà possibile solo attraverso l’innovazione, la tecnologia ed il miglioramento genetico, sia delle piante, sia degli animali.
Per altro, gli uomini hanno iniziato ad intervenire sulla natura quando da cacciatori e pastori nomadi si sono trasformati in agricoltori stanziali, scegliendo di volta in volta le piante più utili ed abbandonando quelle meno produttive. L’attuale biodiversità è costituita dall’insieme delle molteplici varietà di piante ed animali selezionate dai nostri progenitori nel corso dei secoli di attività agricola.
Uno degli eventi chiave nello sviluppo dell’agricoltura moderna fu il momento in cui gli agricoltori mesoamericani riuscirono a trasformare selettivamente, 7.000 anni fa, il teosinte, una pianta selvatica che cresceva nella Sierra Madre messicana, nel mais, che è ormai la terza coltivazione più diffusa nel mondo dopo il riso e il grano. Già 7.000 anni fa quindi l’uomo interveniva sulla natura.
Due secoli fa si incominciò ad integrare la biodiversità naturale con una biodiversità generata dall’azione umana, modificando il patrimonio genetico delle piante tramite incroci tra individui della stessa specie e, successivamente, selezionando le varianti genetiche superiori.
Il triticale, ad esempio, un incrocio tra segale e frumento, è stato realizzato alla fine dell’Ottocento, quando ai nostri nonni apparve chiaro che la possibilità di creare ibridi costituiva un elemento di importanza straordinaria, perché in questo modo era possibile catturare i “migliori” caratteri di più cereali e di riunirli in un’unica specie.
E’ innegabile che la manipolazione della natura desti sempre un po’ di sconcerto, soprattutto oggi che la scienza ha fatto grandi progressi ed i cambiamenti sono molto più rapidi, ma la questione del rapporto tra uomo e natura è antica come il mondo ed è più complessa di come spesso la si presenta. Lo sfruttamento umano della natura c’è sempre stato, anche quando gli uomini consideravano la natura come loro madre. Una natura che benignamente e generosamente offriva su un piatto d’argento agli uomini l’occorrente per vivere non è mai esistita, salvo che nei miti e nelle favole.
Un atteggiamento di accettazione passiva e rassegnata dei fenomeni di sparizione di specie vegetali ed animali antiche non è comunque tollerabile, ma la soluzione del problema non è riducibile a qualche slogan anche se efficace. I “contendenti” in tema di biodiversità sono spesso più interessati a mantenere una posizione di principio che non ad entrare nel merito della questione. Soltanto se il dibattito, invece, supererà le contrapposizioni ideologiche, si potrà cercare, caso per caso, quale soluzione sia la più adatta per bilanciare le esigenze di produttività e la tutela della biodiversità.
Gabriele Carenini – Presidente Cia Piemonte