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Agroalimentare, uno dei capitoli più delicati dei negoziati bilaterali Ue-Paesi terzi
Scritto il 11-09-2018 da Ufficio stampa | Categoria: agroalimentare
L’agroalimentare è uno dei capitoli più delicati degli accordi bilaterali che l’Ue sta sottoscrivendo con singoli Stati o gruppi di Stati.
Gli oppositori degli accordi bilaterali chiedono di non firmare accordi che non garantiscano la tutela di tutte le denominazioni geografiche. Ma se passasse questa linea forse nessun accordo bilaterale vedrebbe la luce. Le denominazioni riconosciute in Europa sono più di 1.300, a cui si aggiungono quasi 1.600 nomi di vini. Negli elenchi ci sono prodotti conosciuti in tutto il mondo, ma la maggior parte di questi prodotti è ignota ai più e nessuno ha intenzione di imitarli.
Proteggere tutte le denominazione sarebbe il massimo e si deve lavorare in questa direzione, ma ha senso che per ottenere la tutela di tutte le denominazioni si ostacolino accordi che prevedono la tutela di quelle che valgono centinaia di milioni di euro?
Gli accordi bilaterali servono anche a ridurre l’impatto dei dazi, che sono lo strumento protezionistico per eccellenza, a cui molti Stati stanno ricorrendo in questo momento storico per proteggere i propri produttori e le proprie produzioni da una globalizzazione che ha creato forse più problemi di quanti non ne abbia risolti, non essendo stata governata correttamente. Ma i dazi possono trasformarsi in un’arma a doppio taglio, con conseguenze pericolose. Nell’immediato possono essere una soluzione per i Paesi forti importatori (l’economia italiana si basa invece in gran parte sulle esportazioni), ma provocano reazioni a catena e circoli viziosi dai quali è poi difficile uscire.
In un momento di profonda crisi degli accordi multilaterali, dove tutti litigano con tutti, gli accordi bilaterali rappresentano un’opportunità da cogliere, non da respingere, ovviamente solo se i contenuti garantiscono reciprocità nei vantaggi.