In Evidenza
Emergenza Coronavirus
Lavora con agricoltori italiani
Dal campo alla tavola
Portale sconti di Cia
Le Associazioni
AGIA
Associazione Giovani Imprenditori Agricoli
ANP Cia
Associazione Nazionale Pensionati
Donne in Campo
La spesa in campagna
Turismo verde
ASES
Progetto Highlander
Informativa
Cookie e Privacy
Nuove tecnologie e prodotti tipici, inconciliabili?
Scritto il 16-02-2018 da Ufficio stampa | Categoria: Ogm
Lo studio sugli ogm della rivista Scientific Reports e coordinato dall’Italia con Scuola Superiore Sant’Anna e Università di Pisa, secondo cui non c’è nessuna evidenza di rischio per la salute e l’ambiente, in realtà non aggiunge nulla di nuovo ad altre ricerche sul tema già pubblicate negli ultimi anni. Questa volta, trattandosi di enti pubblici, le conclusioni assumono un peso maggiore.
Bisogna tutelare, però, quelle che sono le esigenze peculiari delle produzioni tipiche dei territori agricoli italiani e scongiurare ripercussioni sui consumi.
Discutere solo di Ogm vorrebbe dire continuare a concentrare l’attenzione su una tecnologia sempre più datata. Esistono ormai tecnologie più avanzate rispetto a quella usata per creare gli ogm. Dalla fine degli anni ’90 ci sono state almeno due evoluzioni-chiave nella manipolazione del Dna delle piante: l’uso nella trasformazione di geni presi dalla stessa specie o da specie affini (cisgenesi) e la modifica della sequenza del Dna di una pianta senza inserire materiale estraneo (genome editing)
Gli organismi ottenuti con queste tecnologie, non sono transgenici, perché non sono presenti geni estranei e le mutazioni introdotte sono identiche a quelle che si possono generare spontaneamente o attraverso procedure già largamente usate nel miglioramento genetico, in cui si inducono mutazioni casuali attraverso trattamenti chimici. Con queste nuove tecnologie non vengono intaccate né la qualità né la tipicità delle nostre produzioni e delle nostre varietà locali, perché al di là del carattere desiderato non viene toccato null’altro del genoma della pianta.
Gli Stati Uniti hanno già dichiarato che le piante ottenute attraverso il genome editing non sono da considerare ogm, ed è già stato redatto un parere dell’EFSA (European Food Safety Authority) nel 2012, su richiesta dell’UE, in cui si conclude che le piante ottenute per cisgenesi non presentano differenze rispetto a quelle costituite attraverso un normale processo di incrocio.
Gabriele Carenini – Presidente Cia Piemonte