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Export agroalimentare: nei primi nove mesi del 2016 raggiunto quello che esportavamo nel 2014

Scritto il 17-11-2017 da Ufficio stampa | Categoria: agroalimentare

L’agroalimentare è senz’altro un comparto trainante dell’economia italiana, in grado di offrire al consumatore prodotti competitivi e garantiti in termini di sicurezza, gusto e qualità, rispondendo alle esigenze del mercato in continua evoluzione e sperimentando con successo, nel rispetto della tradizione, le tecnologie più avanzate.

I nostri prodotti sono i migliori ambasciatori del nostro Paese nel mondo ed i successi nell’export lo confermano.

L’export agroalimentare del Made in Italy ha raggiunto nei primi 9 mesi del 2017 quota 29,8 miliardi di euro, con una crescita di 7 punti percentuali rispetto allo scorso anno. Nel solo mese di settembre l’export agroalimentare ha toccato quota 3,7 miliardi, il 6,4% in più rispetto a quello del 2016. E’ quanto rileva il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sulla base dei dati Istat sul commercio estero diffusi oggi.

“L’obiettivo dei 50 miliardi di euro di export agroalimentare al 2020 – dichiara il Ministro Maurizio Martina – è sempre più alla nostra portata. Abbiamo imprese che hanno saputo affrontare la crisi cercando nuovi mercati, proponendo qualità e distintività. I nostri margini sono ancora ampi, guardando soprattutto a quell’area di mercato coperta dai prodotti contraffatti o Italian sounding”.

“Per vincere questa sfida – prosegue Martina – dobbiamo essere presenti in squadra all’estero. Abbiamo avviato un percorso che integra tutta la filiera, valorizzando anche il talento dei nostri chef. È questo l’impegno che ci vede protagonisti di oltre mille eventi in più di cento Paesi in occasione della “Settimana della cucina italiana nel mondo” in programma dal 20 al 26 novembre. Una storia nata in Expo e che è utile a spingere ancora le nostre esportazioni”.

“A chi ancora oggi parla di muri e di dazi – conclude Martina -, diciamo di leggere questi risultati. 30 miliardi di export in 9 mesi, praticamente quello che esportavamo nel 2014. Senza regole giuste in mercati aperti migliaia di piccole e medie imprese non potrebbero affrontare i mercati internazionali. Protezione e promozione devono andare insieme, soprattutto per loro”.

Un contributo all’export è arrivato dai 30 accordi già in vigore con Paesi Terzi, mentre 43 lo sono in via provvisoria (come quello con il Canada) e altri 20 risultano in fase di negoziato (come quelli con il Giappone, la Nuova Zelanda, il Mercosur).

Pur non essendo ancora risolto il problema di come tutelare efficacemente, nel quadro degli accordi di libero scambio, le indicazioni geografiche, è evidente che le nostre imprese, per crescere, devono obbligatoriamente ricercare opportunità all’estero. Viviamo una società mercantile, che ci piaccia o meno. Il mercato non può reggersi sul localismo esasperato e sull’autarchia assoluta.

Il successo nell’export non deve comunque far dimenticare che è necessario un impegno forte da parte dei produttori e delle Istituzioni perché il mondo agricolo conti di più nelle filiere agroalimentari e riesca a trattenere una quota maggiore del valore aggiunto generato lungo la catena produttiva.

Il raggiungimento di questo obbiettivo passa attraverso processi di aggregazione dei produttori che li pongano in condizione di controbilanciare la forza dell’industria di trasformazione e la crescente concentrazione della grande distribuzione. Parallelamente, occorre una solida legislazione comunitaria e nazionale che favorisca le relazioni contrattuali tra i soggetti all’interno della catena, nell’ambito di organismi interprofessionali.

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