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Caporalato e dumping “sociale”

Scritto il 24-10-2017 da Ufficio stampa | Categoria: Senza categoria

Il caporalato va combattuto, senza se e senza ma. E’ una forma di sfruttamento intollerabile della manodopera e si traduce anche in concorrenza sleale nei confronti delle aziende serie che rispettano i contratti di lavoro.

Ad un anno dall’approvazione definitiva da parte della Camera dei Deputati della legge di contrasto al caporalato, il Ministero delle politiche agricole ha celebrato la ricorrenza nella Sala Paola Clemente, dedicata alla lavoratrice morta nei campi a luglio 2015, alla presenza dei Ministri Maurizio Martina, Marco Minniti, Andrea Orlando, Giuliano Poletti insieme a Inps, sindacati, organizzazioni agricole e industria alimentare.

“Nell’ultimo anno – ha affermato il Ministro Maurizio Martina – il contrasto al caporalato è stato rafforzato. Lo dicono le decine di indagini aperte e l’aumento dei controlli.  Abbiamo dati positivi anche di crescita del lavoro in agricoltura con +5% degli occupati e +7% dei contributi versati”.

Tutto bene quindi? Non proprio, non solo perché c’ancora molto da fare in Italia, ma perché lo sfruttamento della manodopera anche infantile, in condizioni pericolose per la salute, è praticato in molti Paesi. Ed é una questione che ci riguarda direttamente, in primo luogo perché ha una dimensione morale a cui tutti dovrebbero essere sensibili ed in secondo luogo perché da quei Paesi importiamo molti prodotti che fanno concorrenza sleale ai nostri.

Sugli scaffali dei supermercati di Berlino, Parigi e Copenaghen, ad esempio, stanno guadagnando sempre più spazio le confezioni di riso provenienti da Vietnam, Cambogia e Myanmar. Il rischio –  ma più che il rischio la certezza – è che certi prezzi troppo bassi del riso asiatico siano la conseguenza di un dumping “sociale” derivante dallo sfruttamento della manodopera. Un discorso analogo potrebbe essere fatto per altri prodotti importati non solo da Paesi terzi, ma anche da Paesi intracomunitari, soprattutto dell’Est Europa.

Quando la concorrenza ai nostri prodotti viene fatta non sulla qualità dei prodotti, bensi sullo sfruttamento della manodopera é doveroso adottare strumenti di difesa commerciale, come si dovrebbe fare per il rso, adottando la clausola di salvaguardia. Gli stessi europarlamentari hanno sugerito alla Commissione di imporre dazi più severi sulle merci importate nel caso in cui il Paese terzo esportatore “non disponga di un sufficiente livello di norme sociali” giudicate sulla base delle convenzioni sui diritti del lavoro. Ma L’Europa dovrebbe anche guardare a quel che succede in casa propria.

Gabriele Carenini – Vice Presidente Cia Piemonte

 

 

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