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I viticoltori del Moscato: pari dignità nel Consorzio dell’Asti o cerchiamo soluzioni alternative

Scritto il 18-03-2017 da Ufficio stampa | Categoria: Senza categoria

L’inverno del nostro scontento, fuor da ogni richiamo al monologo del Riccardo III di Shakespeare ed al romanzo di John Steinbeck, potrebbe essere il titolo di sintesi dell’affollato incontro che la parte agricola della filiera del moscato ha organizzato lunedì scorso con gli operatori dell’informazione ed i viticoltori, oltre trecento tra cui molti i sindaci in fascia tricolore,nel salone del Centro sociale Gallo di Santo Stefano Belbo.

I motivi dello scontento, è presto detto, sono quelli che i rappresentanti delle organizzazioni agricole (Cia, Confagricoltura, Coldiretti), di Fedagri, della Vignaioli Piemontesi e dell’Assomoscato hanno indicato, alla presenza dei parlamentari Massimo Fiorio e Mino Taricco e dell’assessore regionale Giorgio Ferrero, nel comportamento giudicato insopportabilmente autoritario del Consorzio di tutela dell’Asti che, guidato da oltre cinque anni da un rappresentante dell’industria e da questa gestito, vorrebbe continuare su questa strada evitando ogni alternanza, pur consueta da oltre trent’anni, con la parte agricola.

Moderato dal giornalista Filippo Larganà, l’incontro si è aperto, con i saluti dei due parlamentari e dell’assessore regionale, tutti all’insegna della soddisfazione per la ritrovata unità del comparto agricolo, della necessità di non creare dannose falle nel sistema moscato e dell’esigenza, ormai non più rinviabile, di una sostanziale equiparazione tra le forze presenti nel cda del Consorzio.

Si è quindi entrati nel merito dell’argomento di giornata che era “Il Consorzio è ancora la nostra casa?”, un tema che non ha mancato di turbare tutto il comparto, soprattutto alla luce del fatto che, come già accennato, la parte industriale pare intenzionata a voler confermare un suo rappresentante alla presidenza nelle ormai imminenti elezioni per il rinnovo de vertici dell’ente. “Quello dell’alternanza è stato un patto fra gentiluomini – ha affermato Giovanni Satragno, presidente di Assomoscato – fin che i gentiluomini ci sono stati. Oggi abbiamo invece solo investimenti sbagliati ed il crollo delle vendite dell’Asti”.

Sulle questioni degli investimenti, dell’assenza di qualsivoglia promozione e di una gestione sostanzialmente sbagliata del comparto (vale la pena di ricordare che il Consorzio ha il cosiddetto “erga omnes” nei confronti di tutti gli attori della filiera, anche quelli non associati) si sono soffermati anche Paolo Ricagno, che rappresentava la Vignaioli Piemontesi e Luca Brondelli per Confagricoltura sottolineando il mancato coinvolgimento della parte agricola nell’elaborazione delle strategie promozionali del Consorzio.

Altra questione “calda” sul tappeto è quella della scomparsa della Commissione paritetica che, svuotata di ogni contenuto per una opinabile decisione dell’antitrust e vista con un certo favore, secondo gli uomini della parte agricola, da parte dell’industria e indirettamente anche dal Consorzio, è stata all’origine di un grosso “buco” normativo in particolare sulla gestione dei superi e di tutti gli aspetti tecnici e commerciali che non fossero rese e prezzi. Lo ha sottolineato con decisione Ivano Andreos, responsabile del settore moscato di Cia Piemonte, facendo presente che senza un’oculata politica delle rese, forse in passato definite su quote più alte del necessario, non è possibile fare alcuna programmazione in vigneto, con grave danno per la gestione complessiva di ogni azienda: “Abbiamo bisogno di strategie chiare e decise tutti insieme – ha affermato l’esponente della Cia che a Santo Stefano Belbo era rappresentata anche dal vicepresidente regionale Gabriele Carenini, dal direttore provinciale di Alessandria, Carlo Ricagni e dal vicepresidente provinciale di Asti, Barbara Pastorino – e non da una sola parte. Il luogo giusto per elaborare tali strategie è sicuramente il Consorzio di tutela a patto che siano garantiti pari dignità e pari peso a tutte le sue componenti. In caso contrario è meglio se “stuma a cà”.

Da una parte dunque i viticoltori sono invitati ad associarsi al Consorzio per fare al suo interno gioco di squadra e riequilibrare l’attuale diseguaglianza di posti in consiglio (12 all’industria e 7 all’agricoltura) ma dall’altra si fa sempre più chiara l’indicazione a cercare eventuali soluzioni alternative: “Crediamo nel Consorzio ma solo se fa il bene di tutti – ha detto Roberto Cabiale di Coldiretti – altrimenti possiamo cominciare a pensare ad uscirne tutti”. Ancora più tranchant Mario Abrate vicepresidente di Fedagri Piemonte: “Mentre l’interprofessione cresce in tutti i settori, qui è stata soffocata a danno di un comparto che deve essere considerato a tutti gli effetti un patrimonio culturale del Piemonte e della nazione. Gli strumenti, come in questo caso il Consorzio, se sono utili si tengono, se non servono più si lasciano. Se le cose non cambiano possiamo serenamente cercare soluzioni alternative”.

La ritrovata unità della parte agricola sembra dunque costituire una significativa forma di pressione per cercare di cambiare le cose all’interno del Consorzio dell’Asti: “Non siamo più disposti ad andare avanti così – ha affermato Satragno chiudendo l‘incontro di Santo Stefano Belbo – metteremo in atto tutte le iniziative per poter cambiare le cose, ma se non sarà possibile potremmo anche arrivare a misure estreme come l’uscita dall’ente, cosa che finirebbe di togliere al Consorzio l’”erga omnes” con tutte le conseguenze del caso”.

Salauno

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