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L’Italia preme perché Bruxelles classifiche le tecniche di cisgenesi diversamente dai vecchi ogm
Scritto il 18-07-2016 da Ufficio stampa | Categoria: Ogm
Lo strumento più potente per abbassare il più possibile l’uso di trattamenti e farmaci in vigna è quello della genetica. O meglio della cisgenesi che non è transgenesi, perché lavora sui geni della vite, e non di altre specie. E questo consente di accelerare quello che è successo e succede in natura, come le mutazioni spontanee. E quindi di arrivare in tempi più brevi a varietà resistenti perché si aggiunge una parte di Dna di un’altra varietà di vite meno adatta alla produzione di vino di qualità, ma che sviluppa una resistenza importante in un’altra che invece lo è, o magari togliendo una parte di Dna che impedisce lo sviluppo di questa capacità che una varietà già ha, ma latente, che non riesce ad esprimersi.
Ma la grande difficoltà, in questo senso, è superare la paura che c’è nei confronti della genetica stessa, che è una grande prospettiva, e non un pericolo o una speculazione.
Dobbiamo crederci di più e superare velocemente queste resistenze culturali perché i tempi della ricerca sono lunghi, e non si può perdere altro tempo. Fortunatamente le resistenze culturali stanno pian piano cadendo. Si incomincia guardare con più fiducia a cose nuove per combattere fenomeni come il cambiamento climatico e per la lotta alle malattie. L’Italia sta conducendo un confronto serrato perché Bruxelles classifichi finalmente le tecniche di cisgenesi e genome editing diversamente dai vecchi ogm.
Un segnale positivo é arrivato dalla Legge di Stabilità, con la quale sono stati stanziati 21 milioni di euro per il finanziamento di un progetto di ricerca pubblica sul miglioramento genetico attraverso le nuove tecniche. Il piano è articolato su tre anni e la regia dell’operazione é gestita dal Crea, il centro di ricerca specializzato del Ministero delle politiche agricole.