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Le coltivazioni biotech in vent’anni sono cresciute di cento volte. Nel 2015 sono diminuite per la prima volta dell’1%
Scritto il 22-04-2016 da Ufficio stampa | Categoria: Ogm
Nel 1996 erano 1,7 milioni di ettari. Nel 2015 quasi 180 milioni. Cento volte di più. Di tanto sono cresciute in vent’anni le coltivazioni biotech sebbene, per la prima volta, nel 2015 la crescita sfrenata cominciata nel 1996 abbia rallentato. Dopo aver raggiunto il picco dei 181,5 milioni di ettari coltivati nel 2014 lo scorso anno si è avuto un piccolo calo, scendendo a 179,7 milioni di ettari. Un diminuzione di circa l’1%. Un calo, spiega il rapporto annuale dell’International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Application (ISAA), dovuto soprattutto ai prezzi bassi delle derrate alimentari e alla siccità particolarmente devastante nel Sud Africa.
Secondo uno studio della Purdue University di Lafayette (Usa), assolutamente imparziale, come hanno voluto sottolineare i ricercatori, le rese degli ogm sono superiori al 18% e prezzi inferiori anche del 28% per le materie prime, dal mais, alla soia, al cotone. La questione ogm, ovviamente, non può essere ridotta ad una questione di rese e di costi. Ha molte implicazioni di altro genere che richiederebbe troppo spazio per essere esaminate e sulle quali esiste comunque un’abbondante letteratura su cui informarsi.
L’Italia ha scelto di dire no alla coltivazione degli ogm (ma di consentirne l’utilizzo) per tutelare al massimo il nostro patrimonio unico di biodiversità che è il tratto distintivo che fa dell’Italia un punto di riferimento per il mondo a livello agroalimentare.
L’attuale Governo ha confermato la chiusura nei confronti della coltivazione degli ogm. Ha manifestato invece interesse per le biotecnologie più sostenibili come il genome editing e la cisgenesi che permettono un miglioramento genetico senza alterare le caratterizzazioni produttive del sistema agroalimentare.
I prodotti ottenuti tramite la cisgenesi o il genome editing sono simili a quelli ottenuti per incrocio tradizionale e il settore nel quale il miglioramento genetico è massimo è quello vegetale dove aumenta la competitività, la produttività e la sostenibilità.
Si attende ancora la verifica sulla diversità di queste biotecnologie rispetto al transgenico, tema già sollevato più volte dall’Italia, dall’Olanda e da diversi Stati membri. Molte organizzazioni scientifiche europee non inseriscono i prodotti delle tecniche di cisgenesi e genome editing negli ogm transgenici, perché ritengono siano ottenuti tramite un meccanismo diverso rispetto a quello convenzionale.
IL Governo ha investito ventuno milioni di euro per un imponente progetto in materia di biotecnologie sostenibilità. Si tratta di un piano articolato su tre anni gestito dal Crea, il centro di ricerca specializzato del ministero che vanta importanti professionalità italiane nel campo della ricerca agroalimentare.