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GLI OGM SU “PRESA DIRETTA” A RAI 3
Scritto il 02-03-2016 da Ufficio stampa | Categoria: Ogm
Chi ha paura degli ogm? Si é chiesto domenica sera Riccardo Iacona a “Presa Diretta” lanciando un servizio di approfondimento su uno dei temi caldi del momento, intervistando alcuni dei ricercatori più preparati in Italia, dopo anni in cui l’informazione è stata affidata a tuttologi di vario genere senza alcuna competenza in materia.
Ci sono quelli che dopo aver visto “Presa Diretta” si sono immediatamente chiesti “chi ha imposto la linea della trasmissione” adombrano l’esistenza di direttive dall’alto, magari dalle sedi delle multinazionali o, perché no, del Bilderberg.
A noi sembra normale che su questioni scientifiche vengano chiamati ad esprimersi gli scienziati, e dal momento che la comunità scientifica è schierata in stragrande maggioranza a favore degli ogm è ovvio che si sia dato più spazio a chi non vede gli ogm come il demonio. Dare lo stesso spazio a tutti avrebbe infatti trasmesso il messaggio di una “divisione” tra scienziati, mentre nei fatti questa divisione non esiste.
Tutte le società scientifiche italiane cui afferiscono gli scienziati competenti su questa materia (biotecnologi, biologi molecolari, tossicologi, genetisti agrari, alimentaristi…etc. per un totale di circa 10.000 scienziati ed esperti) hanno espresso il loro punto di vista favorevole sulle biotecnologie agrarie attraverso dei documenti in cui presentano una posizione condivisa da tutta la comunità scientifica (Consensus Document).
Purtroppo nel nostro Paese la scienza è vista con molta diffidenza e gli scienziati sono trattati come sacerdoti di una religione pericolosa. Parallelamente più le tecnologie diventano complesse, meno sono comprensibili per la massa. La paura nasce proprio dalla non conoscenza. Aumentare la comunicazione tra scienza e società è sicuramente necessario.
In Itala la politica – che nell’assumere le sue decisioni deve tener conto, oltre che del parere degli scienziati, anche di altri fattori, quali l’immagine della nostra agricoltura e l’opinione della maggioranza dei consumatori/elettori – ha scelto di bloccare la coltivazione di ogm sul nostro territorio, ma contemporaneamente ha deciso di consentire l’importazione di mangimi ogm dall’estero, al punto che oggi non ne può più fare a meno, per non azzerare tutto il comparto zootecnico. Soia e mais ogm entrano abbondantemente persino nelle catene alimentari dei più importanti prodotti dop ed igp italiani (dal Parmigiano Reggiano al Prosciutto di Parma), ma i consumatori non lo sanno perché non c’è l’obbligo di indicarlo in etichetta. Non solo, ma il mais ogm di importazione viene pagato di più del nostro mais ogm free, di ottima qualità, sicuro e supercontrollato, con buona pace di chi continua a sostenere che non dobbiamo coltivare mais ogm perché non conviene.
Se il divieto di coltivare gli ogm ha delle ragioni – non “scientifiche”, ma che si basano su considerazioni complesse e articolate più o meno condivisibili -, non esiste nessuna ragione invece per la quale nel nostro Paese debba essere vietata la ricerca su piante geneticamente modificate in campo aperto e si obblighino i ricercatori italiani a distruggere i loro studi o ad andare a svilupparli all’estero. E poi ci si stupisce se giovani ingegnosi se ne vanno dall’Italia e non tornano. Dovrebbero forse restare in un Paese che chiede loro di rinunciare a pensare, e magari divenire complici della sua arretratezza? Gli ogm non sono soltanto “multinazionali e monoculture”, ma interessano anche l’Università e la ricerca pubblica.
Fortunatamente il Governo ha recentemente aperto alle tecniche di cisgenesi e genome editing che non sono annoverabili tra gli ogm in quanto, pur modificando attraverso interventi di ingegneria genetica la resistenza o la reazione delle piante, non inseriscono nessun elemento estraneo alla sequenza genica delle piante.
Nella Legge di Stabilità sono stati stanziati 21 milioni di euro per il finanziamento del più importante progetto di ricerca pubblica fatto in Italia sul miglioramento genetico attraverso le nuove tecniche. Il piano è articolato su tre anni e la regia dell’operazione sarà gestita dal Crea, il centro di ricerca specializzato del Ministero delle politiche agricole. E’ un passo in avanti.
Lodovico Actis Perinetto – Presidente Cia Piemonte