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LA CRISI SI BATTE CON L’EXPORT E CON UN’AZIONE DI RADICALE CONTRASTO ALL’ITALIAN SOUNDING

Scritto il 17-07-2015 da Ufficio stampa | Categoria: Consumi

La crisi si batte con le esportazioni, soprattutto nel settore agroalimentare. E’ quanto si deduce da uno studio di Nomisma, presentato in anteprima ad Expo.

Considerando gli anni della crisi, dal 2007 al 2014, le esportazioni sono cresciute complessivamente del 42% nel comparto agroalimentare e solo del 10% in quello manifatturiero, ha spiegato Denis Pantini, direttore dell’Area Agroalimentare di Nomisma. Quanto al valore aggiunto, l’agroalimentare ha registrato nei 7 anni una crescita del 5%, mentre il manifatturiero ha perso il 12%. La sola industria alimentare ha visto salire del 48% le esportazioni nei 7 anni di crisi le esportazioni, a fronte di un rialzo del 4% dei consumi nazionali e del 6% del valore aggiunto. Un settore dinamico, malato però di frammentazione, dato che delle 58.000 aziende che lo compongono l’87,1% sono di piccole dimensioni, con meno di 9 addetti, il 12,7% è di medie dimensioni, fino a 249 addetti, e solo lo 0,2% è di grandi dimensioni.

Il Ministro Martina ha dichiarato qualche mese fa che l’obiettivo per l’agroalimentare è raggiungere nel 2015 quota 36 miliardi (nel 2014 sono stati raggiunti 34,3 miliardi) e 50 miliardi nel 2020. Sembra un obbiettivo ambizioso, ma se si pensa che i Tedeschi, tranne che su pasta e vino, ci battono su tutti i terreni, è evidente che esistono ampi margini di miglioramento, cui puo’ contribuire anche un’azione di radicale contrasto al cosiddetto Italian sounding, ovvero alla commercializzazione di prodotti che portano nomi di marchi che “suonano italiani”, ma che non sono affatto prodotti in Italia e generano sul mercato internazionale un giro di affari di decine di miliardi di euro, occupando uno spazio che potrebbe invece essere dei nostri prodotti.

Si calcola che nella sola Ue la partita tra il finto italiano e quello vero vede la nostra sconfitta per due a uno: due prodotti italian sounding venduti per ogni prodotto autentico. Negli Stati Uniti e in Canada il ‘simil-italiano’ supera il vero made in Italy di quasi 10 a 1 (nel Nord America la riconquista delle quote di mercato ‘scippate’ vale 24 miliardi di euro, a cui si aggiungono tre miliardi di contraffazione vera e propria).

Esemplare il caso del Parmigiano.L’Italia esporta Parmigiano per 44.500 tonnellate, ma i prodotti simili ammontano a 100.000 tonnellate, una cifra pari al 74% dell’intera produzione dell’originale e più che doppia rispetto al totale delle nostre esportazioni

Riappropriarsi della zona grigia dell’Italian sounding è una questione nodale per lo sviluppo delle produzioni certificate italiane.

Gabriele Carenini  – Vice Presidente Cia Piemonte

 

 

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