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Gabriele Carenini: digitalizzazione e biotecnologie, le nuove frontiere dell’innovazione in campo viticolo
Scritto il 15-07-2019 da Ufficio stampa | Categoria: vino
Il tradizionale convegno che si tiene durante la” Festincamp” della Cia di Asti quest’anno ha avuto come oggetto l’innovazione in campo viticolo, legata soprattutto all’avanzata della digitalizzazione ed ai progressi delle biotecnologie.
La rivoluzione digitale sta trasformando non solo la nostra vita quotidiana, ma sta cambiando anche il volto di molti settori dell’agricoltura italiana, inclusa la viticoltura. Informatizzazione, internet, nuovi software e banche dati sono la chiave di volta per passare a una viticoltura 4.0, che porti a migliorare le condizioni di lavoro, la sostenibilità e la qualità delle coltivazioni, a ridurre i costi di produzione ed a snellire la burocrazia. Non sono ancora molte le aziende vinicole che conoscono come usare le tecnologie digitali per migliorare il proprio lavoro. I giovani sono i più interessati, ma nel tempo la trasformazione toccherà se non tutte, la gran parte delle imprese viticole.
Innovazione in viticoltura vuol dire anche fare ricorso alle nuove tecniche biologiche per dare vita a varietà di vite più resistenti agli agenti patogeni – quindi più amiche dell’ambiente perché richiedono meno trattamenti – e per combattere un nuovo nemico che incombe sui vigneti: il cambiamento climatico, che nel giro di pochissimi decenni potrebbe ridisegnare la geografia delle coltivazioni viticole, con prevedibili conseguenze sulle economie locali.
Le moderne tecniche di miglioramento genetico, quali la Cisgenetica e il genome editing mettono a disposizioni strumenti utili per ottenere varietà resistenti alle condizioni climatiche del tutto nuove che si prospettano – primavere precoci, gelate tardive, estati molto calde e siccitose, segnate a tratti da violenti temporali con piogge intense -, ma senza che vengano modificate le caratteristiche peculiari delle uve e del vino originario.
Gli scienziati sono concordi nel sostenere che i prodotti ottenuti attraverso le tecniche di cisgenesi e genome editing, pur modificando attraverso interventi di ingegneria genetica la resistenza o la reazione delle piante, non prevedono, a differenza della transgenesi, il trasferimento nelle specie coltivate di geni isolati da altre specie e non dovrebbero quindi ricadere nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/18/CE sull’emissione deliberata nell’ambiente di ogm e della direttiva 2009/41/CE sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati.
Per Cia non è più rinviabile una revisione normativa sul tema. L’Italia è all’avanguardia nella ricerca, ma soffre per colpa di una normativa che non consente l’adozione tempestiva delle innovazioni prodotte attraverso le nuove tecniche di miglioramento varietale. Il legislatore Ue dovrà fare la sua parte per accompagnare queste innovazioni scientifiche in modo laico e senza pregiudizi.
La sostenibilità presente e futura passa dalla ricerca e sarebbe miope continuare a privarla di metodi che rappresentano la naturale evoluzione di quelli che da sempre assicurano lo sviluppo dell’agricoltura.
Gabriele Carenini – Presidente Cia Piemonte