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Cia e Confagricoltura denunciano il gravissimo stato di crisi del settore risicolo. Manrico Brustia: “Alcune varietà sono vendute a prezzi che non coprono neanche i costi di produzione
Scritto il 17-02-2017 da Ufficio stampa | Categoria: Coltivazione erbacee
Cia e Confagricoltura delle province risicole, unitamente alle associazioni di prodotto, ai consorzi e alle cooperative, hanno denunciato in una Conferenza stampa, tenutasi a Novara presso la sala Leonardo di Est Sesia, il gravissimo stato di crisi del settore che mette a repentaglio la sopravvivenza stessa di molte aziende.
Questa pesantissima situazione si è determinata principalmente in conseguenza della decisione dell’Unione Europea di liberalizzare dal 2009 l’importazione di riso dai paesi meno avanzati (Pma).
Da allora ad oggi le sole importazioni dai paesi Pma sono aumentate del 4.440 % per il riso lavorato e del 5.650 % per il risone e questo ha contribuito in maniera determinante all’aumento, nello stesso periodo, delle importazioni totali di riso in Comunità, arrivate nel 2016 alla cifra record di 1,4 milioni di tonnellate, pari al 65% in più rispetto alla campagna 2008/2009.
Un’analisi più di dettaglio sulla situazione di mercato evidenzia un altro dato preoccupante: anche l’importazione di riso lavorato in piccole confezioni è aumentato in modo esponenziale, ben il 45% in più dal 2013 al 2016.
La crisi del settore è certificata in modo chiaro dalla stessa Commissione Europea che ha preventivato per la campagna in corso rimanenze finali (e cioè riso non collocato sul mercato) pari a 585.000 tonnellate, circa un terzo dell’intera produzione comunitaria. Anche in questo caso un altro record negativo, considerato che le misure di intervento sono sostanzialmente inefficaci.
Questo stato di cose ha portato gli agricoltori a diminuire del 40% la superficie a riso indica – quello maggiormente concorrenziato dal prodotto di importazione dai Pma – e ad aumentare nel contempo del 14% la superficie a riso japonica, creando in tal modo i presupposti per lo squilibrio di mercato di tutte le due tipologie di prodotto con il conseguente crollo delle quotazioni dei risoni delle ultime settimane.
Il calo delle superfici a riso indica è stato determinato dalla scelta del nostro paese di non aumentare il pagamento “accoppiato” previsto dalla politica agricola comune, per gli ettari coltivati, appunto, a riso indica; una misura che avrebbe potuto incentivare maggiormente le semine di queste varietà di riso.
Giovanni Daghetta, presidente Cia Lombardia, ha voluto puntualizzare quanto è necessario sensibilizzare la Comunità Europea affinché si proceda con l’applicazione della clausola di salvaguardia o che, perlomeno, si limitino le importazioni di riso da paesi terzi per permettere il rilancio di questo settore.
“Alcune varietà – conferma il presidente di Cia Novara, Vercelli e Vco, Manrico Brustia – sono vendute a prezzi che non coprono neanche i costi di produzione”.
Paola Battioli, presidente di Confagricoltura Novara e Vco, ha dichiarato che nulla è cambiato dalla situazione denunciata già tre anni fa, quando l’incremento delle importazioni dai paesi Pma aveva generato uno squilibrio dei prezzi, penalizzando fortemente le produzioni italiane.
Tommaso Mario Abrate, presidente di Confcooperative, ha messo in luce la necessità di una tracciabilità certa del prodotto estero, che quindi deve essere trattato alla stregua di quello italiano, nonché di un riconoscimento, in termini di etichettatura, per il riso italiano, simbolo di assoluta qualità e sicurezza alimentare.
La voce comune delle associazioni agricole, delle cooperative e di tutti gli attori della filiera, “ritiene quindi necessario ridare una prospettiva di sviluppo al settore risicolo attraverso uno stop immediato ad ulteriori concessioni tariffarie sul riso e all’applicazione della clausola di salvaguardia prevista dalle regole comunitarie”.